Oscar Niemeyer, oltre un secolo di curve eleganti

Oltre un secolo di curve eleganti
Di Mauro Cicchetti
Sono quasi le sei del pomeriggio. Un uomo anziano, molto anziano, il viso color cedro, piccolo di statura ma robusto, un po’ curvo su se stesso, sale i pochi gradini che separano il terrazzo dall’ultima fermata dell’ascensore. Il passo è lento ma ancora deciso, come se a condurlo non fosse più la forza dei muscoli ma la serena convinzione di averne fatti tanti di passi, e molti, a conti fatti, nella direzione giusta.
Ormai è in cima, l’uomo è arrivato all’accesso della “panoramica rolante sul”, un “tapis roulant” rosso fuoco arditamente inserito in una struttura metallizzata, bianca, apparentemente esile, che si snoda sinuosa ed elegante a circa 70 metri di altezza sovrastando la via Prudente de Moraes. Durante il percorso l’anziano signore rilassa le rughe che si trasformano lentamente in un bel sorriso; sta guardando il sole di dicembre; il generoso sole di Rio de Janeiro, che sta andandosene a riposare ancora una volta; ma se ne va non senza aver dato il suo contributo a muovere la “passarela” grazie a nuovi efficientissimi sistemi di captazione fotovoltaica che proprio lui aveva progettato alcuni anni prima.
Il panorama è mozzafiato. Un deltaplano con due passeggeri plana verso il grande lago, la “Lagoa de Freitas” che brilla, raggiunta dai raggi dell’ultimo sole ai piedi del Cristo Redentor; quest’ultimo, rinvigorito dal recente restauro, dispensa le ultime benedizioni della giornata ai circa 20 milioni di “cariocas” che si muovono frenetici nella enorme “Cidade Maravilhosa”. A destra ecco il “Forte di Copacabana”, teatro un secolo prima delle eroiche gesta di 18 irriducibili soldati; e poi il lungo splendido arenile che lui aveva visto, da spiaggia semi deserta, trasformarsi in una delle più ambite spiagge del mondo, “cartolina postale” della città. Da circa settant’anni dalle finestre del suo appartamento vi aveva visto scorrere una moltitudine umana di tutte le razze, religioni, fattezze. Lungo quella lingua di sabbia dal nome di origine indigena, accarezzata e a volte schiaffeggiata dalle forti onde aveva visto nascere e passare la Bossa Nova, le sfilate allegre dei carnevali, quelle meno allegre delle proteste. Ipanema (acque pericolose in lingua Tupi) era parte di lui.
Quanti ricordi si rincorrono nella sua mente mentre il tappeto lo avvicina all’ascensore “Barão da Torre”, che lo farà velocemente scendere fino ai sotterranei della stazione del metrò, ai piedi del “Morro do Pavão”, inaugurata oltre 3 decenni prima.
Da qui raggiungerà rapidamente il “Paço Imperial”, dove una folla di concittadini festanti, molti uomini di cultura e alcuni politici gli tributeranno, ancora una volta, quasi increduli, un solenne riconoscimento alla sua inimitabile carriera.
Si ricorda ancora della mostra per celebrare i suoi cent’anni. Allora tra gli altri, furono Lula e Gilberto Gil a stringergli la mano, gli parve, sinceramente commossi. A furor di popolo dovette salire sul palco per dire alcune parole, lui che non aveva mai amato farlo e aveva sempre preferito far parlare la sua matita, le azioni, i suoi sguardi. Poi quella sera, ricorda rabbuiandosi un poco, aveva dovuto abbandonare a metà un progetto che doveva consegnare con urgenza. Da tutto il mondo giungevano richieste per aggiudicarsi le sue creazioni, con una insistenza sospetta, come se tutti volessero accaparrarsi il suo ultimo lavoro. Il volto corrucciato si rilassa in un altro sorriso pensando alla sorpresa che ebbe il pubblico, alle 11 di sera, nell’apprendere attonito che quel vecchio non si stava congedando da loro per stanchezza.
Quante curve aveva tracciato da quel giorno la sapiente mano guidata dalla sua inarrestabile fantasia. Quante gioie e quante soddisfazioni, soprattutto per le opere realizzate in quei paesi che in passato lo avevano snobbato per dare spazio agli artisti di casa o, in alcuni casi, anche per non avere mai condiviso e apprezzato le sue nette posizioni politiche.
Ma niente aveva mai scalfito il suo buon umore; del resto lo aveva sempre sostenuto: “La vita è più importante dell’architettura!”
Un respiro profondo e un altro sguardo allo spettacolo della natura. “Bene”, pensa soddisfatto, “oggi ho finalmente consegnato le piante del nuovo ponte sul Rio delle Amazzoni, domani è giovedì e il primo appuntamento è alle 10. Questa volta, se la gente vuole, potrò trattenermi un po’ di più. D’altronde non capita tutti i giorni di compiere centoventi anni!”

Rio de Janeiro 15 dicembre 2027