Oswaldo Guayasamín è nato a Quito, in Ecuador, il 6 luglio 1919, ed è morto a Baltimora (USA) nel 1999. Figlio di padre indigeno, di ascendenza quechua, primo di dieci fratelli, scolaro difficile, lavoratore bambino nella Quito isolata e chiu-sa degli anni Venti, a otto anni dipinge e vende i volti degli attori di cinema che copia dalle riviste o dai cartel-loni incollati sui muri della sua città: è importante che il suo primissimo approccio al ritratto sia avvenuto in un cam-po, quello commerciale legato al realismo didascalico della cartellonistica cinematografica, in cui la somiglianza era tutto, e la massima enfasi era messa sulla capacità di riprodurre in pochi tratti efficaci le fattezze di un volto famoso. Alla fine degli studi alla Scuola di Belle Arti di Quito, dipinge la sua classe, comprendendosi nel gruppo. Nel 1942, a 23 anni, espone per la prima in una sala privata di Quito provocando uno scandalo, in quanto la critica considera questa esposizione un affronto a quella ufficiale della Scuola di Belle Arti: Nelson Rockfeller, impres-sionato, compra vari quadri e aiuterà l’artista più volte negli anni successivi. Non ha l’opportunità di visitare l’Europa e attingere direttamente alla fonte le suggestioni moderne (il geometrismo della pittura cézanniana, le scomposizioni cubiste di Picasso) che un Rivera, invece, poté studiare in loco, riportandole poi in patria. Quelle suggestioni arrive-ranno a lui, come a molti altri, attraverso la divulgazione a stampa e il lavoro di una schiera di epigoni; e anche così daranno robusto nutrimento all’arte del Messico tra le due guerre, e in generale alla nascita della pittura moderna in Centro-america. Per Guayasamín c’è l’America a fare da piattaforma d’aggiornamento. Nel 1943vi trascorre alcuni mesi cruciali: prima negli Stati Uniti, invitato dal Dipartimento di Stato e finanziato da una Guggenheim Fellowship, poi in Messico, dove conosce José Clemente Orozco, impara ad usare la vernice a spruzzo e le lacche acriliche, e a dipin-gere ad affresco le pitture murali a soggetto allegorico-politico sulla rivoluzione zapatista.
A ventisei anni, Guayasamín, che già nel 1943, a Quito, prima ancora dell’incontro con Orozco, aveva dipinto quadri ’politici’ come Campo di concentramento e Uomo fucilato. Allaccia amicizia anche con Pablo Neruda e viaggia in diversi paesi dell’America Latina, fra i quali Perù, Brasile, Cile, Argentina e Uruguay, trovando in tutti una civiltà indigena oppressa, tema che apparirà sempre nelle sue opere. Dal patrimonio di disegni che raccoglie nascerà il primo grande ciclo allegorico, Huacaynan, Il cammino del pianto, epopea della tormentata storia latinoamericana, dalla conquista coloniale all’indipendenza raggiunta a colpi di rivoluzioni e di guerre civili. Alla fine, Huaca-ynan arriverà a contare 103 quadri e un murale mobile. L’opera più vista, grazie alle molte esposizioni itineranti, è il ciclo L’età dell’ira, ispirato, all’inizio degli anni Sessanta, dai crimini della dittatura cubana di Batista. Quando Guayasamín arriva a Cuba nel 1961, Fidel Castro è al potere da due anni: ne esegue il primo ritratto. All’Avana tornerà l’anno successivo, e stringerà amicizia con Salvador Allende. Guayasamín non fa mistero delle sue simpatie politiche che gli costeranno, con l’instaurarsi in Ecuador di una dittatura militare, il carcere e una lunga serie di difficoltà. A Castro il pittore farà altri due ritratti, nel 1981 e nel 1985. In un certo senso il trittico dedicato a Fidel è il trait d’union che lega la produzione per così dire ‘ufficiale’ della pittura di Guayasamín a quella dei murali, dei grandi cicli allegorici, dei mosaici storico-celebrativi negli edifici pubblici di Quito (Scoperta del Rio delle Amazzoni, Storia della civilizzazione), a quella, altrettanto fertile ma più privata, della ritrattistica. Col ritratto – alla gente della sua città, agli amici pittori, scrittori e intellettuali, poi, via via che la notorietà cresce, ai grandi personaggi della sua epoca, da Castro a Mitterrand a Gabriel Garcia Marquez, si apre per Guayasamín un nuovo terreno di lavoro in cui esercitare il suo talento narrativo. Inaugura personalmente le sue ultime esposizioni nel Museo del Palazzo del Lussemburgo, a Parigi e nel Museo Palazzo del Ghiaccio a Buenos Aires, nel 1995. Espone in musei di tutte le capitali americane e di molti paesi europei. Vi sono inoltre suoi murali a Quito (Palazzi del Governo e Legislativo, Università Centrale, Consiglio Provinciale); Madrid (aeroporto di Barajas); Parigi (sede dell’UNESCO); San Paolo (Parlamento Latinoamericano nel Memorial dell’America Latina). A partire dal 1996 ha iniziato a Quito la sua opera più importante, lo spazio architettonico chiamato La capilla dell’Hombre (la cappella dell’uomo), rimasta incompiuta alla sua morte.