João Batista de Andrade

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Roma, Casa del Cinema. João Batista de Andrade e Fernando Birri.

Lo scrittore e cineasta João Batista de Andrade è nato a Ituiutaba (MG), il 1° dicembre 1939. Inizia la sua carriera di cineasta ancora studente, presso la Escola Politécnica de Universidade de São Paulo. In qualità di cineasta, ha una carriera in cui si alternano documentari (come Liberdade de Imprensa, Migrantes, Greve! e Céu Aberto), diversi film per la TV (mandati in onda dalla “Globo Repórter”, TV Cultura ecc.) ed 11 lungometraggi, tra cui i più conosciuti sono “Doramundo”, “O Homem que Virou Suco”, O País dos Tenentes e O Tronco, riadattamento, quest’ultimo, del romanzo epico di Bernardo Élis.

Anche come scrittore comincia presso la Escola Politécnica, dove fa parte del gruppo “Escola Písico-Realista”, con un giornale letterario nella Casa do Estudante Politécnico (dal 1962 al 1964). Il suo primo libro, Perdido no Meio da Rua(1989), si rifà esattamente a testi surreali, scritti da lui stesso durante il golpe del ‘64.
Oltre alla sua produzione cinematografica e letteraria, ha operato sempre su diversi fronti del cinema e della cultura brasiliana, ricoprendo per due volte la carica di presidente dell’Associação de Cineastas di San Paolo, presidente della Cinemateca Brasileira, consigliere del Museu da Imagem e do Som (SP) e coordinatore generale della prima e della terza edizione (1999 e 2001) del FICA (Festival Internacional de Cinema e Vídeo Ambiental), che si tiene a Goiás.

Attualmente è Segretario alla Cultura dello Stato di São Paulo.

Vlado: 30 Anos depois è un film estremamente personale. João Batista sostiene che sia un debito, “un film che avrebbero dovuto girare da molto tempo”. Lungi dall’essere satirico, il cineasta traccia un quadro emozionante di un uomo che ha rappresentato molto non solo per la stampa brasiliana (ha ricoperto,  tra gli altri incarichi, quello di direttore giornalista presso TV Cultura ed editore lettera-rio per la rivista Visão), ma anche per la fine della dittatura militare in Brasile.

Herzog morì il 25 ottobre 1975, dopo essere stato violentemente torturato dal DOI-CODI (organo di repressione politica del regime militare). La versione ufficiale sosteneva che Vlado, come era chia-mato dagli amici, si suicidò – fatto che non corrispondeva alla realtà, così come fu provato anni dopo.

Nonostante esistano alcune immagini di archivio che illustrano l’epoca ed i fatti, Vlado: 30 Anos Depois trova la sua forza nella testimonianza di diverse personalità che furono amiche del giornalista, oltre a quella della vedova Clarice Herzog. Sono sempre testimonianze commoventi di persone che hanno provato sulla propria pelle l’orrore nella lotta per liberare il paese dalla dittatura.

Momenti di tensione e dolore emergono attraverso la testimonianza di giornalisti come Paulo Markun, Alberto Dines, Mino Carta, Fernando Morais,  e Sérgio Gomes. Tutti ricordano gli orrori della repressione in vigore dopo l’AI-5.

Markun racconta, tra le altre cose, quanto fosse difficile non scoraggiarsi sapendo che la propria moglie veniva torturata nella stanza accanto.

La morte di Vlado arrivò in un momento di alta tensione nella vita politica brasiliana, quando venne a crearsi un inasprimento della lotta interna di due fazioni militari: da una parte, i generali Ernesto Geisel e Golbery do Couto e Silva, che erano al potere e promettevano una fase di distensione; dall’altra, i rappresentanti della repressione, con a capo Sílvio Frota, i quali erano totalmente contrari all’idea di apertura.

A partire dal racconto della difficile infanzia vissuta in Jugoslavia, da cui Herzog, di origine ebrea, dovette fuggire con la famiglia, Vlado: 30 Anos Depois raggiunge l’apice nell’atto ecumenico che vide riunite diverse classi della società paulista e quasi 8 mila persone nella Catedral da Sé, a San Paolo, una settimana dopo la morte del giornalista.

(Alysson Oliveira, del Cineweb, speciale per la Reuters).

*JBdA ad ottobre 2013 ha pubblicato il libro Confinados, Attualmente è Direttore Diretor Presidente della Fundação Memorial da América Latina,